IL FOTOGRAFO DEL MESE: Robert Doisneau
Immaginiamo una città viva, densa di persone, accesa nel suo brulicante e florido campo di emozioni da cogliere: era probabilmente così che Robert Doisneau percepiva la Parigi del ‘900, dai minuscoli dettagli di una “rue” ombreggiata agli ampi spazi d’una veduta panoramica. Fra i più noti e rilevanti fotografi della storia, Doisneau percorse con il suo lavoro quasi tutto il secolo scorso, imprimendo nelle menti dei contemporanei e dei posteri la sua idea di realtà. Egli affermò che, attraverso la fotografia, era possibile dimostrare l’esistenza di «un mondo in cui si sentisse bene, dove la gente fosse gentile e dove trovare tenerezza». La sua indagine si rivolgeva in primis alle persone: chiunque, incontrato anche camminando per strada, riuscisse a destare in lui particolare curiosità o empatia; quanto agli spazi, perlopiù esterni, essi fungevano da cornice agli scenari di una realtà quotidiana, semplice e spensierata. Doisneau amava far dialogare profondamente individui e luoghi, ricercandovi sfumature poetiche e superando il puro concetto di ritratto. Per questo, viene annoverato fra i maggiori esponenti della corrente dell’umanismo fotografico, di cui fecero parte giganti come Eugène Atget e Henri Cartier Bresson, suoi modelli. Un’indagine sociale, dunque, quella propria dell’universo di Doisneau, che si permea di vitalità grazie ai soggetti scelti per animare gli scatti. Fra i suoi preferiti ricordiamo sicuramente le folle di passanti, i bambini e gli innamorati, come i due giovani amanti della celeberrima “Le baiser de l’hôtel de Ville”, 1950. Immortalò inoltre noti artisti e intellettuali, che non mancò di cogliere sempre in situazioni semplici e quotidiane. Per citare degli esempi: “Les pains de Picasso”, 1952, con Pablo Picasso a tavola, o “Jacques Prévert au guéridon”, 1955, in cui il poeta siede al tavolo di un bistrot con il suo cane ai piedi. Doisneau e Prévert, in particolare, instaurarono un rapporto di stima, amicizia e vivace scambio intellettuale; erano soliti incontrarsi per passeggiare a lungo, anche silenziosamente, facendosi suggestionare dalle mille sfaccettature che Parigi mostrava loro. Questa città, infatti, fu quinta inevitabile per le scene del fotografo, il quale contribuì fortemente a restituirne un’immagine romantica e poetica che conserviamo ancora oggi. Potremmo azzardare dicendo che Doisneau sia riuscito a fissare con nitidezza e serenità quella Parigi sbiadita e “spleenetica” che l’Ottocento impressionista e maledetto aveva trasmesso. Certamente il suo fu un meraviglioso filtro di filantropia e vitalità, semplice come la realtà, sublime come la poesia che vi seppe cogliere.
-Gioia Toscana De Col.
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